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antonio beltramelli 57

tutti i rami, sii ogni piccola foglia, per interminato cammino, la galaverna. Folgoreggiò la foresta, fatta quasi più viva in quel lumeggio di cristallo, (e parve un immobile mare acceso dall’apparizione del piccolo mondo morto che la legge eterna sospinse con noi verso ignote costellazioni).

«Erano diademi, gale, ghirlande, arditezze di archi sottili lanciati sul vuoto, giardini siderali, steli, indefiniti ricami lievi come fiato, e frange, e stille e aghi d’adamante che avevano al vertice un esile tremolio stellare (!). Immense corone di gemmei rovi, candidezze di innumerevoli corolle, nivei nimbi di bacche cristalline. La foresta sotto il bianco incantesimo della galaverna taceva avvolta come in un magnifico sudario».

Qui vedete il poeta e il traduttore: l’uno ha veduto lo spettacolo con occhio puro e l’ha ritrovato mirabilmente nelle sue parole leggere: l’altro ha trasportato tutto questo un poco rigidamente in astratti, ha aggiunto una sua parentesi — io l’ho segnata sulla carta — esornativa, s’è provato a rialzare il tono alla fine.... Ma non è riuscito a disperdere l’incanto.

Questa qualità di espressione, che anche per pochi esempi ha potuto rappresentarsi nettissima ad ogni occhio, non è una particolarità, come si sarebbe detto un tempo, formale, accidentale; un difetto che si possa togliere....

Tutte le operazioni dell’arte di Beltramelli sono ordinate ad essa. Se ci si pensa un poco, si capisce che non potrebbe essere altrimenti.

Dal modo com’è scritta sola una pagina si può comprendere quale sia in lui il novellatore; l’osservatore di uomini e il descrittore di paesi; il celebratore della Romagna.