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146 sermone decimoquinto.

     Petto ci piove il nèttare soave,
     E l’influsso di amor che non perdona
     85Alle protratte notti, e nulla oblia
     Fuori che il senso del dolor: cotanto
     Vegliar ne giova sull’amata prole.
     A cui più tardi il genitore accorto,
     Dalla fida compagna avvalorato,
     90Più che alle membra, a facili e gagliarde
     Prove cresciute, all’animo ministra
     Salutar nutrimento. Alfin per lungo
     Volgere d’anni dell’adulta pianta
     Matura il frutto, con gentil fragranza
     95Ed eletto sapore i pigri giorni
     Consolando dei tremoli parenti,
     Ed il nativo suol lieto rendendo
     D’ombra benigna e di fecondi altero
     Ben intrecciati rami. A che natura,
     100Quasi proterva ed invida matrigna,
     Fa l’un dell’altro al soccorrevol braccio
     Segno, e alla vista del fratel che langue
     A fraterna pietà move, se nato
     Al par di bruto l’uomo a condur fosse
     105Il passo in cerca di selvaggia preda?
     A che la piena de’ soavi e cari
     Affetti e l’incantevole parola,
     Che l’affetto e il pensiero apre e trasfonde?
Oh! falso immaginar, che delle viete
     110Usanze schivo a nuovi sogni dietro
     Errando vola, e sciogliere presume
     ricomporre a suo talento i nodi,
     Onde a convitto socïal ci lega
     Nostra condizïon, più che l’alterno
     115Mutabil patto. Indomita speranza
     Del ben non paga al meglio invita, e porge