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le imposte. 131

     Con cieca foga l’utile cercate,
     Più dell’antica esperïenza vane
     Non rendete le prove; e questo vero,
     Se di un lucro maggior cura vi prenda
     180Che di giustizia e di onestà si abbelli,
     Eternamente a voi novo non parli.
     Quale di spesse, tacite e minute
     Stille si bagna l’arido terreno,
     Più che de’ larghi sprazzi, onde fuggendo
     185La fragorosa nube si disgravi;
     Tale de’ prezïosi atomi intorno
     Con mano leggerissima raccolti
     Ricco farai tesor, che a te s’invola
     Se con aperte spanne ad esso agogni.
190Al fine bada; chè l’imposto carco
     Spesso dall’uno all’altro si trabalza,
     E precipita là dove col grave
     Pondo e col fiero colpo abbatte e schiaccia
     Chi più deboli al suol gli omeri piega.
     195Perchè dell’Epulon gonfio e pasciuto,
     Quasi auretta gentile appena lambi
     Con ali soavissime le tazze
     Tempestate di gemme; e dalla bocca
     Dell’affamato Lazzaro non temi
     200Quasi strappare i bricioli caduti
     Dalle alte mense? Il poverel che siede
     Con numerosa prole a picciol desco,
     Le stanche forze e languide ristora
     Di maggior pane; e se del pan sudato
     205Colla importuna tassa il prezzo accresci,
     Ride Epulone, e Lazzaro vien manco.
Non il capo dell’uom, ma la fortuna
     Premi e colpisci; e tu ben sei crudele
     Se al tuo pressoio, al tuo martel condanni