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112 sermone decimoprimo.

     La mano, onde vezzeggi il cane e il mimo!
     245Alla semplice Moda io non contendo,
     Che scherzi svolazzando ad ora ad ora:
     Ma ditemi, per Dio, voi che stranieri
     Nella patria vivete (oh patria, oh nome!)
     Dal volubile capo all’agil piede
     250Effigïati alla straniera stampa;
     Ditemi, è questo il senno e la pietade,
     Onde tanto per voi vampo si leva?
     Non gli esperti famigli, o gli ospitali
     Prandi, o le bighe fervide condanna
     255Quei, che biasmando va degli ozïosi
     Servi procaci la lunghissim’ala,
     O dell’italo Bacco il bando eterno,
     O il vano scalpitar degli adunati
     Da vario clima indomiti cavalli.
260Forse invoca le leggi? Un nume invoca
     Più benigno, più saggio e più potente,
     Tanto spregiato più quanto men noto,
     Il semplice buon senso. A lui s’inchini
     La falsa opinïon, che degli sciocchi
     265È maestra, è regina, anzi tiranna.
     Ed alla opinïon falsa, che nasce
     Dal cieco orgoglio, onde sugli altri levi
     Ambizïoso il capo, allor che meglio
     Dell’essere il parer giova, si porge
     270Un fomite dal plauso delle genti
     Stupide ed ebbre e del lor male ignare.
Gli studi gravi e gli utili commerci,
     E le imprese magnanime non curi
     Ne’ molli e sfolgoranti ozi beato.
     275De’ nostri danni son prima radice
     L’ignoranza, l’errore e la superba
     Viltade. Ad esse indícasi la guerra,