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introduzione. 7

     Ma pèrdono di luce ogni vestigio
     Le vane lucciolette, appena albeggi.
     A chi non vede, ogni tuo lampo è scarso;
     55E l’infido bagliore il guardo appanna,
     Turba o irrita alle veggenti schiere.
Ma quale a poetar voglia ti punse? —
     Breve rispondo. Di poeta il vanto
     Chi al raggio nacque di benigna stella
     60S’abbia; o la turba garrula ne usurpi,
     Affaticando l’eco lamentosa
     Con vuote ciance venerando il nome.
     Fosse elezïon, fosse ventura,
     La cara memoria di quei giorni
     65Quando la giovinetta anima apprende
     A palpitar per l’itala canzone,
     Od altro fosse io non dirò. Con verso
     Languido e sciolto vo significando
     Ciò che più nella mente entro mi suona
     70Allor che il vezzo od il cortese invito
     A far m’appella di lontan tenore
     Debole e fioco agli alternati canti.
Di pedestre sermone il metro tenni;
     Deh! l’ombre mi perdonino de’ padri,
     75Che fur duci e maestri; e al metro imposi,
     Od alla intenzïon, nome conforme.
     Nè di verbo garrir piacquemi, ignaro
     Benchè non fossi (e l’ignoranza fòra
     Di scusa indegna) omai, che più dell’opre
     80E delle cose il titolo si pregia.
     Togli i nomi ed i ciondoli, che resta?
Ma della scorza e delle incise note,
     Che al popolo non fan dolce richiamo,
     Se non gravi il tacer, tacciasi. Quale
     85Ne fia il midollo e l’intima sostanza?