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il lusso. 105

     Legga chi vuole e intendami chi puote
     Io non dirò; chè temerario troppo
     Fôra il mio detto e men di scusa degno.
     Innanzi moverò, se tu m’aiuti,
     10Tu che benigno e in un grave m’insegni
     I saggi a venerar, come le vane
     Ciance disprezzi del beffardo volgo.
La nostra a soddisfar voglia, che nasce
     Dal bisogno mutabile e diverso,
     15Noi siamo all’opra faticando intenti
     Col nerbo dell’ingegno e della mano.
     Allor la voglia e la speranza è piena,
     Quando si gode il desïato frutto
     Dello sparso sudor degna mercede.
     20E l’atto del goder, che ci ristora
     De’ lunghi sforzi, appellasi consumo,
     Colla parola che dall’uso antico
     Del volgo, adatta a ciò ch’ei vede e palpa,
     Il dotto prese, l’ordine cercando
     25Nel suo volume dei commerci umani,
     Che dall’alterne prove hanno alimento,
     E ricompensa dai servigi alterni.
Delle importune voci al suon discorde
     La tua dottrina parve al culto sacra
     30Della materia. — E pur l’opera indaga
     Onde lo spirto le ribelli forze
     Della natura indocile domando,
     I suoi trionfi e la possanza estende.
     E pur dimostra come in largo giro,
     35Se all’appetito la ragion prevalga,
     Di civiltade il raggio si diffonda
     A gloria eterna dell’umano ingegno,
     Che a più libero volo in alto s’alza
     Quando nol prema dell’inopia il duro