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i capelli di sansone. 205


“Ditemi tutte le cose che amate, ditemele, voglio saperlo per amarle anche io.”

Ella lo guardò lungamente coi suoi puri occhi cristallini, ma non gli rispose. Per fortuna la voce stridula di donna Tecla Spada copriva l’imbarazzo di quel silenzio. Donna Beatrice di Santaninfa se n’era andata, dea pacifica, taciturna, distribuendo sorrisi, incedendo qual dea; e donna Clelia ora chiacchierava di scultura con un professore dell’Accademia di San Luca. Non si moveva donna Caterina Spinola, ma le sue perline nero—azzurre luccicavano come metallo temprato e brunito.

Riccardo, guardando nel salotto, esaminava l’urna bianca, carica di fiori nevosi; ella ne profittò per dirgli sottovoce:

“Voi dovete odiarmi?”

“Chi vi ha detto nulla, signora?” rispose lui duramente.

Ella tremò e impallidì. Ma in questa don Pompeo Savelli entrò tutto sorridente, alto, magro, un po’ angoloso, un po’ duro. Riccardo provò una fitta così dolorosa che gli tolse il respiro: e pensò subito che non era possibile dirgli nulla; era troppo vergognoso parlare della cambiale a questo gran signore, mentre che lo accoglieva in casa sua. E sebbene la conversazione si allargasse, Riccardo taceva, con-