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i capelli di sansone. 177

poesia del giovane giornalista. Nulla egli poteva comperare, ma qualunque oggetto gli presentasse la signorina, egli non sembrava mai contento: quando ella gli proponeva di prendere qualche altro genere, egli annuiva col capo, un po’ stupefatto da quell’ambiente. Ella alzava le mani verso una scansia alta, si chinava ad aprire una cassetta, piccolina, taciturna, come una brava fata silenziosa e sorridente.

“Buona sera, Joanna,” disse una molle voce.

Donna Clelia Savelli era entrata senza che egli la vedesse, tutta ridente negli occhi e nelle labbra. Ella emise un sospiro di soddisfazione, si guardò attorno, si sedette, s’installò, sbottonò il mantello di velluto, e tutt’assorta nella contemplazione di una bella, elegante, slanciata gru di bronzo, chiese alla signorina:

“Mi fate vedere qualche arme?”

La signorina si dette di nuovo a ronzare per quel salotto esotico, senza far più romore di una mosca, e portò a donna Clelia tre o quattro sciabolotti ricurvi, dalla lama d’acciaio, dal manico altissimo, dalla guaina di legno. La signora, tutta serena, con una bell’armonia di movimenti, con la sua tranquillità di persona felice, considerava lungamente le impugnature di avorio, le lame filettate e passava l’arme, in silenzio, a Joanna, e passandogliela, non par-