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422 la mano tagliata.

vidi quel corpo così orrendamente mutilato torcersi dal dolore e udii da quella bocca adorabile e adorata uscire delle parole di maledizione, quando vidi quegli occhi bellissimi così carichi di un odio immortale, io pensai se non sarebbe stato meglio non infliggere quello sfregio e quella tortura a Maria Cabib, se non sarebbe stato meglio lasciare immersa la catalettica nel suo sonno invincibile, donde sarebbe passata senz’accorgersene alla morte: ma ero pazzo d’amore, e la pazzia di amore negli esseri come me, sventurati ed orgogliosi, assume quasi sempre l’aspetto della crudeltà più bieca.

«Io aveva per sempre deturpato il corpo di Maria ed avevo per sempre alienato da me la sua anima.

«Ella guarì di ambedue i suoi mali, poichè il dolore indicibile del braccio tagliato aveva per sempre fugato la catalessia, e guarì anche di quel tremendo taglio, poichè era giovine, sana, ed i migliori chirurghi vegliarono questa donna che rappresentava il segreto maggiore della mia vita.

«Nella notte, piangendo come un fanciullo, io imbalsamai quella mano e quel braccio che sotto ai miei ordini e sotto ai miei occhi erano stati distaccati da quel corpo. Io mi arrestava nelle mie operazioni, per baciare quelle dita fredde, per coprirle delle mie rade e brucianti lagrime; io compii un miracolo dell’arte sanitaria dando a quella mano tagliata l’aspetto migliore della vita; io caricai di gemme quelle dita e quel polso delicato e rotondo; io macerai nei profumi quelle pelle delicata e deposi in uno scrigno di velluto quel prezioso tesoro che non mi lasciò mai più e che io portava meco nei miei viaggi quando doveva per forza allontanarmi da Maria.

«Quand’ella dormiva sola nella stanza, dove la sua imperiosa volontà di donna mai vinta, mai do-