Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/416

410 la mano tagliata.

questo delitto e come esso non fu inutile, sebbene mi alienasse ancora di più l’anima ritrosa di Maria.

«Intanto, io aveva preso un dominio assoluto sopra Mosè Cabib e mi ero messo alla testa di tutti gli israeliti russi, polacchi, galiziani. Alla mia casa, in Mosca, di giorno e di notte, per non dare sospetto alle autorità, costoro accorrevano da tutte le parti a prendere ordini, a portare notizie, a domandare soccorsi, a depositare denaro, a organizzare quel sistema di sviluppo economico e morale, quel sistema di difesa palese e di segreta offesa, di cui ha tanto bisogno il popolo ebreo, dovunque si trovi. L’ipnotismo, la suggestione, tutte queste forme perfezionate del magnetismo, del potere che ha un sol uomo sugli altri uomini, mi davano un’aureola misteriosa, mistica, che raddoppiava lo sgomento e il rispetto che si aveva di me; tanto che io sembrava, agli umili, una emanazione diretta di Jehovah. Tutto mi andava a seconda, salvo l’asprezza, l’orgoglio, il mutismo con cui mi trattava Maria: contegno che, ahimè, dopo quindici anni di convivenza non si è mai mutato. Avevo ottenuto da Mosè Cabib di essere introdotto in casa e ci andavo sempre; ma centinaia di volte, Maria, per non vedermi, si chiudeva nella sua camera, carcerata volontaria, e non vi erano preghiere, scongiuri di nessuno che avrebbero potuto deciderla a uscire. Ella mi odiava; di più, io le faceva schifo. Una volta che restammo soli e che le presi, tremando, una mano, ella rabbrividì, urlò, pallida di ribrezzo come se avesse toccato la pelle di un serpente: fuggì via. Per quindici giorni, non la vidi.

«La mia furberia grande era stata di convincere Mosè Cabib che sua moglie, la sua Maria, era un soggetto ipnotico perfettissimo e che avremmo potuto trarre da lei i più alti segreti mistici e terreni. L’uomo era avido assai, e io gli aveva