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la mano tagliata. 341


Però, prima di uscire dalla sua stanza, Ranieri Lambertini cercò altre lettere di Roberto Alimena, per paragonare la calligrafia; era identica. Malgrado questa novella prova contro i suoi sospetti, il Lambertini prese una piccola rivoltella, fine come un gioiello, e se la mise in tasca. Poi, uscì dalla stanza.

Il detective Dick Leslie lo aspettava nella vasta sala di lettura del Grand Hôtel, fumando una sigaretta. In quel momento, nella sala, non vi era nessuno, l’agente di polizia aveva sempre la sua aria giovialona di inglese, dotato del massimo buon umore britannico, ma gli occhi avevano quel lampo di malizia che lo indicava come un personaggio non comune.

Il conte Ranieri Lambertini gli si avvicinò molto corretto, ma senza nessuna cordialità, e lo salutò. Poi, sedendosi ed accennandogli una poltrona a dondolo, gli disse; — Scusate, o signore, se ho fatto delle difficoltà per ricevervi. Non amo, in generale, le persone nuove.

— Avete ragione, — rispose, anche freddamente, Dick Leslie — ma io esitava a consegnare il biglietto del conte Alimena a un cameriere d’albergo. Anche io sono sospettoso.

— Volete, ora, dirmi di che si tratta? — domandò Ranieri Lambertini, senza uscire dal suo riserbo.

— Qui, signore, non posso.

— Non vi è nessuno.

— Non importa; qui non parlerò.

— Si tratta veramente di cose gravissime?

— Sì, o signore, di cose gravissime.

— La vita di Roberto Alimena non è in pericolo? — chiese Ranieri che, per la sua insistente diffidenza, non voleva chiudersi in una stanza con questo sconosciuto.