Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/340

334 la mano tagliata.

non lo supplicò di desistere; ma nella sua mente concepì un disegno ingenuo per gittarsi fra Ranieri Lambertini e la morte.

Intanto, per ottenere che egli nella giornata non facesse nessun passo, gli disse che avrebbe tentato di sapere qual era il giorno della monacazione.

Egli scosse il capo, ma si aggrappò a questa speranza, che la donna gli portasse una notizia dilatoria, perchè, finchè ci è vita e finchè vi è tempo di agire, vi è speranza.

Ella sparve, ed egli rimase chiuso nella sua stanza, scrivendo delle lettere incoerenti a suo zio, a Roberto Alimena e a Rachele Cabib. In verità, erano lettere di addio: egli sentiva aleggiare su sè la morte.

L’opera di Marcus Henner, il gobbo infame, si poteva dire quasi compiuta! Roberto Alimena, fuggente lontano, in esilio dal suo paese, minacciato da una condanna infamante; Rachele Cabib, tolta per sempre alla vita e all’amore; e lui, Ranieri Lambertini, posto di fronte al suicidio.

Aveva ricevuto una vaga risposta al telegramma, fatto al conte Roberto Alimena nel primo impeto di gioia, quando aveva ritrovato Rachele Cabib, ed egli stesso non sapeva che, nel medesimo tempo, il suo migliore amico si trovava nelle sue stesse identiche condizioni, messo a un cimento mortale, per un amore fantastico ed infelice, e lottante corpo a corpo con lo stesso Marcus Henner, colui che aveva annodato la catena di quattro vite.

Ranieri Lambertini finiva allora di scrivere le sue lettere di addio, quando Rosa riapparve nella sua stanza, con un viso sconvolto. Egli si levò dalla sedia, e le disse, con un tremito indomabile nella voce:

— Ci siamo, è vero? —

Ella lo guardò, e gli rispose:

— No, non ancora.