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322 la mano tagliata.

scrivere una lunga lettera a Rachele; ma tutto ciò che egli aveva da dirle gli si affollava così nella mente, che aveva lacerato due o tre volte il foglio di carta, incapace di frenare l’impeto della sua passione. D’altronde, la lettera gli pareva un mezzo troppo blando, e che servisse solamente a mettere in guardia Rachele Cabib contro i tentativi disperati, che egli avrebbe fatti per rivederla. Viceversa, egli non voleva altro che questo, rivederla; aveva la ossessione di quella delicata e bellissima figura di donna, che egli aveva adorato come l’immagine della bellezza e della bontà, e che gli era scomparsa dinanzi come un sogno.

Mentre saliva per le scale, Rosa diceva fra sè delle orazioni, giacchè non sperava nulla di buono da quella missione estrema, che il Lambertini le aveva data.

Egli si fermò all’angolo che fanno le scale di fronte all’ultima rampa, in fondo alla quale si mostrava il portone sbarrato del convento. Un ultima raccomandazione a Rosa:

— Per amor di Dio, cerca di vederla, parlale, dille che l’amo, dille che muoio senza lei! —

Ella crollò il capo e le spalle, come se il peso morale del suo incarico fosse troppo grave, e salì lentamente i larghi scalini di pietra che la dividevano dal portone, mentre Ranieri Lambertini rimaneva all’angolo della via. Egli la vide appressarsi alla pesante porta serrata, tirare la catena di ferro che corrispondeva al campanello, e aspettare.

Vide anche che ella aspettava molto, perchè dovette bussare tre o quattro volte, a intervalli, prima che le venissero ad aprire. Poi, lassù, qualche cosa stridette; uno spiraglio del portone si schiuse, e Rosa, dopo aver parlamentato qualche minuto, entrò, senza voltarsi a lui. Egli intese richiudersi pesantemente quel portone, come quello di