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312 la mano tagliata.

dente del suo grande amore, quella che gli era stata di continuo aiuto e continuo conforto, si avanzò verso lui. Quando fu in mezzo alla stanza, quando lo vide così pallido, così consumato, così tremante, la poveretta ebbe uno schianto e, buttatasi sopra una sedia, si mise a piangere:

— Perchè piangi, Rosa, perchè piangi?

— Oh! Eccellenza.... Eccellenza.... vedervi così.... dopo tanto tempo....

— Non sono morto ancora, Rosa, — egli mormorò, con un pallido sorriso, respingendo la domanda, che gli bruciava le labbra.

— Oh! signore, voi dovete vivere cento anni.... cento anni....

— Sarebbe troppo, — soggiunse lui, sempre ironicamente — ma non piangere più, Rosa.... nessuno è morto. —

E la guardò con un sì terribile sguardo scrutatore che ella, intendendo, abbassò gli occhi:

— No, nessuno è morto, — ella rispose, lentamente, passandosi il fazzoletto sulla faccia. — Ma quasi.

— Quasi? Quasi?

— Eh, sì! — rispose Rosa, con un profondo sospiro di dolore.

— È malata, è morente Rachele? — chiese rudemente, senza più ambagi.

— No, signore. Sta bene.... credo che stia bene.

— Credi? Non lo sai? Non l’hai vista?

— Oh, da molto tempo, non l’ho vista!

— E come? Come dici che è quasi morta? Che ne sai?

— Dico che è quasi morta, perchè è in monastero, signore mio, e in una clausura strettissima.

— Ah! non mi avevano ingannato! Ma dove, dov’è, Rosa? —

Ella lo guardò, esitante, incerta.

— Dimmelo, per amor di Dio, dimmelo!