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la mano tagliata. 239


«— Sapete la causa dell’assassinio?

«— Sì.

«— E il nome dell’assassino?

«— Sì.

«— Lo denunzierete alla giustizia?

«— Sì. —

«Tutte quelle affermazioni erano state fatte da lei guardandomi negli occhi, con voce bassa e dura, con le mani sui bracciuoli della sedia.

«— Siete sicura di non ingannarvi?

«— Sicurissima.

«— Una denunzia è cosa grave!

«— La giustizia ha una traccia sicura.

«— E quale?

«— L’arme dell’assassino, — e mi guardò, tenacemente.

«Io sorrisi, niente altro. Dopo un minuto, ero uscito da quella camera. Dopo quindici ero nella mia stanza all’Hôtel d’Europe.

«Vi dirò io di aver dormito bene, in quel restante di notte? No, certo. I miei nervi erano singolarmente eccitati e la figura del mio povero amico mezzo morto, giacente in quel letto di dolore, la spettrabile immagine di Clara Loredana nelle sue vesti bianche, quella bieca figura del delegato che era stato con me tanto scortese e tanto diffidente, mi tumultuavano nella mente. Dormii poco e male. Ebbi l’incubo, nel sogno confuso e tormentoso. Mi pareva continuamente di vedere il mio amico Ranieri Lambertini aggredito, alle spalle, dal gobbo con gli occhi verdi, che levava su lui un’arma che non giungevo a intravvedere, mentre io, sulla soglia del villino Loredana, guardava inorridito la scena, senza poter fare un passo, inchiodato a terra da un potere magico, senza poter dare un grido, soffocando; accanto a me, donna Clara, tutta vestita di bianco, guardava la scena con occhi scintillanti di gioia e portando sulle labbra un sorriso