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la mano tagliata. 17


— Che è? — disse, cercando di rammentarsi.

E la prese nelle mani. Era una scatola di pelle nera, lunga quasi un metro, alta da trenta a quaranta centimetri, non molto pesante, ermeticamente chiusa.

— Che è, questo? — ripetette ad alta voce.

Per quanto cercasse, nella sua mente, quella scatola non rassomigliava punto a nessuna delle sue. La girava e rigirava, fra le mani, osservandola bene. Uscì fuori, nella sua camera: contò i colli. Erano proprio dodici. La scatola, il tredicesimo collo, era in più.

— Non è mia, — pensò, posandola sopra un tavolino.

Era un po’ sorpreso, veramente. Anche, un poco annoiato. Suonò. Venne il cameriere.

— Mandatemi il facchino che ha portato la mia roba. — Venne il facchino.

— Tu hai portato la roba?

— Sì, Eccellenza. Manca qualche cosa?

— No. Dove hai trovato questa scatola?

— Nell’omnibus, insieme con quest’altra, — e additò quella delle cravatte.

— Va bene: va. —

La sorpresa cresceva. Roberto Alimena suonò di nuovo: riapparve il cameriere.

— Questo appartamento è stato occupato sino a ieri? — chiese il giovine signore, con aria indifferente.

— No, Eccellenza.

— Era vuoto?

— Vuoto da una settimana.

— Ah! E chi vi è stato?

— L’onorevole Panfilo Costabile, la sua signora e un bimbo.

— Che gente è?

— Gente per bene, ricca. Viene ogni anno.