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220 la mano tagliata.

sona viva, perchè io adoro colei cui è stata tagliata questa mano, perchè io la cerco, perchè io la troverò, perchè io credo di averla vista. Sono rovinato e perduto, ecco. Non ho fatto nulla, ma tutte le prove sono contro me, persino la testimonianza della contessa Clara Loredana, mi dicono: non potrò, forse, mai convincere i miei giudici della mia innocenza. Il piano organizzato da quell’uomo è stato così magistralmente combinato, è stato tanto terribilmente condotto, che io sono chiuso in una rete da cui non arrivo a distrigarmi. Tutta la trama è così felice, che io mi chieggo, talvolta, se non sono sonnambulo o ipnotizzato, e se io non abbia, forse, nel sonno, tentato di uccidere Ranieri Lambertini. Figuratevi se arriverò mai a convincerne i miei giudici! Egli mi ha voluto perdere e mi ha perduto. La partita, in questo momento, è sua; forse, sarà sua per sempre, se qualche miracolo non accada. La mia reputazione è andata. Se per questo miracolo che, forse, l’anima benedetta di mia madre opererà in mio favore, io giungo ad essere assolto, non riabiliterò mai la mia reputazione, fra i miei pari e molte gioie mi saranno tolte. Malgrado ogni mia riabilitazione, si dirà sempre:

«— Roberto Alimena? Quel tale che fu accusato di assassinio?

«— Sì, una brutta istoria?

«— Ma era innocente, pare?

«— Dissero così; ma non si è mai saputa la verità. —

«E questo sarà il dialogo più mite. Ma che importa? Oramai, è andata. Ho giuocato. Ho perso. Ma la mano di quella donna è presso di me. Egli non l’ha ancora. E io sono libero, infine. Ho denari. Ritengo che se passo il confine, le autorità me lo lasceranno passare.

«Direte, forse, amico mio, che la testimonianza