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la mano tagliata. 215

questo cuore che aveva adorato Ranieri Lambertini, adesso era affogato in un’amarezza senza confine, sentiva di non poter perdonare il tradimento. Di un temperamento sano e vivace, di un carattere leale e forte, Rachele Cabib non trovava niuna giustificazione a quel tradimento così volgare, così ignobile, commesso in pieno amore, perpetrato con una brutalità che l’aveva atterrata. Sì, Ranieri Lambertini era stato subito punito del suo grave errore; egli aveva incontrato una ferita mortale, forse la morte, sulla porta della perfida Sirena che lo aveva ammaliato; ed era stato per mano di un amico, amico infido, che egli era stato colpito, a tergo, dicevano. Forse egli non era morto! Che ne sapeva, lei? Povera pecorella smarrita, ella era andata a ricoverarsi sotto le ali proteggitrici della religione, ed era passata di convento in convento, perseguitata dallo sgomento di Marcus Henner, credendo almeno di essere perseguitata da lui, non avendo neanche pace nel chiostro e finendo per venire a seppellirsi viva sotto quel terribile ordine di sepolte. Morto! Anche lei, oramai, era morta al mondo ed erano stati inutili la sua gioventù e la sua bellezza, era finita ogni sua speranza, era spezzato ogni suo vincolo con l’esistenza; ed ella si sentiva morta.

Che venivano a chiamarla, nella sua tomba? Perchè sollevarne la lapide funeraria? Che volevano mai dirle? Forse egli era vivo; ma ella era morta. Forse egli era vivo, ma l’amore non crollato, dileguato; il beffardo tradimento rideva e sghignazzava su quella rovina. Che le importava, se egli fosse vivo? Morto l’amore e morta lei.

Prostrata sul freddo marmo del coro, ella cercava invano di piegare la sua attenzione e la sua anima alle dolci laudi della Vergine, in cui tante volte aveva versate la piena del suo sentimento; ma il suo cuore trafitto, piagato, era profondamen-