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la mano tagliata. 209


— A chi ricorreste?

— Al vicario. Egli mi fece condurre a Torre degli Specchi, dove restai del tempo, ancora. Ma neppure lì ero al sicuro. Appena entravo in un monastero, dopo pochi giorni ricominciavano ad apparire delle facce losche, accadevano dei fatti atroci, delle cose sospette si manifestavano.... — Una persecuzione implacabile!

— Implacabile! Avete detto la parola, madre mia; ma Dio mi aiutava.

— Cambiaste vari monasteri?

— Sì, tre, in Roma. Sono stata anche a Spoleto e a Rovigo. Ho viaggiato, vestita da monaca velata, di notte, sorvegliata. Ma che!

— Da ogni posto siete venuta via, per lui?

— Sì.

— Non era una vostra fantasia?

— No. Io non ne sapeva nulla.

— Come?

— Erano le madri superiori che si accorgevano di queste indagini, di questi volti equivoci, di questi pericoli....

— Ebbene?

— Mi mandavano subito altrove!

— E poi?

— Dissi al vicario: trovatemi un convento dove si muoia alla vita, per sempre, donde io non possa uscire, neanche cadavere, dove nessuno, mai, possa entrare, trovatemelo, vi entrerò, sarò monaca di quest’ordine, sparirò, sarò morta!

— E allora?

— Allora, egli mi rispose: giacchè lo volete, vi manderò alle sepolte vive di Napoli. E, sono qui, madre.

— Dio vi conforti, mia figlia, perchè i vostri venti anni sono stati una desolazione. Qui, nessuno vi troverà.

— Ne siete certa? —