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la mano tagliata. | 203 |
— No, madre.
— Qualche cosa, almeno?
— Qualche cosa vaga.
— Avete fatto male. Non dite altro. I dolori si esaltano, parlandone. Confidatevi solo a Dio, al confessore e a me, se avete bisogno di espansione umana.
— Ubbidirò, mia madre.
— Voi siete figlia, per me, — disse la superiora, con voce più affettuosa. — Se vi è cosa che io desideri, è di vedervi serena in Dio. —
La novizia si chinò e le baciò la mano.
Poi, uscì. La badessa si fece il segno della croce e disse sommessamente una breve orazione. Fu bussato alla porta della sua celletta, pian piano:
— Entrate, mia figlia, — diss’ella.
— Sia lodato Gesù e Maria, — mormorò suora Grazia, la povera Rachele Cabib, entrando.
— Oggi e sempre, — rispose la superiora, segnandosi.
Tacquero. La badessa pensava, raccolta in sè.
— Mia madre mi ha fatto chiamare?
— Sì, mia figliuola.
— E che debbo fare, per obbedirvi?
— Volevo dirvi qualche cosa. La vostra intimità con l’altra novizia mi spiace.
— È malata, è mortalmente malata.
— Lo so. Assistetela, ma non più che fareste con un’altra. Tutte vi sono sorelle, qua dentro.
— Ella soffre più delle altre, forse.
— Tutte abbiamo sofferto.
— Anche voi, madre mia?
— Anche io!
— E ora?
— Ora non soffro più.
— Dio vi ha concesso la pace! — e l’ebrea fatta cristiana sospirò profondamente.
— La concederà anche a voi.