Pagina:Serao - La mano tagliata, Firenze, Salani, 1912.djvu/19


la mano tagliata. 13

sacco da viaggio e il sacco sulla reticella. Fu allora che si accòrse che il bagaglio dello sconosciuto era nullo: non vi era niente sulla reticella, sul suo capo. Ma molti viaggiatori girano spesso, portando solo dei grossi bauli. Evidentemente l’ignoto non aveva con sè che il suo plaid.

Alimena si sedette di nuovo e si mise a fumare. Ma le sigarette gli si spegnevano facilmente; il freddo era acuto e i cristalli del compartimento erano appannati. Roberto soffriva del freddo, malgrado tutte le sue pellicce: e a questo attribuiva il senso di fastidio che lo vinceva. Difatti, aveva una nervosità strana. Quell’ora gli pesava molto.

Non poteva leggere, perchè la luce mancava: non poteva chiacchierare col suo compagno, giacchè non sapeva in che lingua esprimersi e non sapeva se costui gli avrebbe risposto. Poi, Alimena discorreva poco, in viaggio. Questo rientrava nel suo egoismo. È un incomodo, spesso, il discorrere, il legarsi, anche per un’ora, con qualcuno che non si conosce; egli taceva dunque.

Ma con quanto desiderio, oramai, egli invocava la stazione di Roma e più l’Hôtel d’Europe, in piazza di Spagna. Aveva telegrafato gli conservassero due stanze nei cui buoni caminetti egli avrebbe fatto accendere un gran fuoco. Decisamente, si gelava. Alimena aveva come una rigidità, nelle braccia, nelle gambe quasi pietrificate. Giammai, in viaggio, aveva avuto tanto freddo. Si pentiva mille volte di essersi mosso di giorno: di notte avrebbe almeno trovato la Pulmann, dove sono i caloriferi.

Guardò il suo compagno, come se volesse dirgli: che freddo! Che faccia aveva costui! Ora, gli occhi avevano assunto un aspetto cristallino, come vecchi specchi in una camera buia, cristallino-verdastro: sembrava si fossero congelati. Pareva più pallido: anzi, più bianco. E la bocca, sotto i