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172 la mano tagliata.

so bianco dove correva un sottile e lucido disegno a fili d’argento; identici erano gli elegantissimi mobili in legno stuccato di bianco, con qualche filo d’argento; il letto, basso, era coperto da una meravigliosa coltre di merletto di Venezia su trasparente di raso bianco; sul tappeto erano gittate delle bianche e morbide pelli d’orso bianco. Tutto era candido e tutto era argenteo, in quella camera, degna di una regina; i candelabri, lo specchio, tutto il servizio di toilette era in argento, un delicato lavoro di arte; i mille oggetti sparsi dappertutto, armonizzavano col candore della camera.

Lo strano era che in quella stanza, dove, evidentemente viveva una donna, non corresse il soffio di un profumo, non un fiore fosse immerso nell’acqua di un vaso. Mancava, singolar cosa, qualunque immagine a capo del letto; non una figura di madonna, non un crocifisso, non una piletta, nulla. E un’altra bizzarra cosa vi era in quella camera. I grandi finestroni erano triplicemente velati, di seta bianca, di merletto e di certe larghe tendine di raso ricamato in argento, tanto che non si sarebbe mai nulla potuto vedere, di fuori, di quello che accadeva nella stanza; più, a osservare bene, quei cristalli erano fissi. Era un carcere, dunque, la camera di quella regina assente?

Marcus Henner si trattenne un poco in quella camera: aveva le sopracciglia aggrottate, come uomo che pensi troppo a un soggetto che gravemente lo affanni. Girò lo sguardo intorno intorno, e un amaro sorriso gli sfiorò le labbra. Attese un minuto e poi si accostò a una parete, sollevando una portiera che la ricopriva; vi era una piccola porta, dietro. Tentò la maniglia, ma la porticina resistette, come se fosse chiusa a chiave.

— Sempre così, — disse, a mezza voce, Marcus Henner.

Bussò, piano, con le dita, una sola volta. Nes-