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154 la mano tagliata.


— Annegato?

— Sì.

— Disgrazia?

— Suicidio.

— Da quanto tempo?

— Da una mezz’ora.

— Che avete fatto?

— Gli abbiamo dato del gin.

— Ha bevuto?

— Sì, ma è restato così. —

Allora, con una grande tranquillità, senza cavarsi i guanti, senza sbottonare la sua ricca pelliccia, egli si curvò sul suicida e lo guardò a lungo. Nessuna espressione sul viso di quello strano medico. La folla lo guardava, stupefatta, sembrandole che ogni momento trascorso aggravasse lo stato di quel miserabile suicida, giacente là, per terra. Ma la meraviglia crebbe in tutti gli astanti, quando il medico si tolse lentamente i guanti mostrando due mani lunghe, magre, ossute e bianche: delle mani quasi cadaveriche, che facevano sgomento, come quegli occhi di cristallo verde.

— Alzatelo, — egli ordinò ai due barcaiuoli.

Costoro presero il suicida e lo tirarono su, tenendolo sotto le braccia. Allora, il medico gobbo dagli occhi verdi, appoggiò le due mani alle tempie del suicida svenuto e si chinò leggermente su lui, guardandolo. Costui non si mosse, ma parve che un leggiero rossore venisse a colorire le sue guance, mentre il suo corpo pesava ancora sulle braccia dei barcaiuoli.

Il dottore si staccò un minuto dall’annegato, levando le mani dalle tempie. Si vedeva che le labbra del gobbo si muovevano, come se tremassero o se parlassero, pianissimo. Di nuovo, si curvò sull’esanime e gli appoggiò le mani sulle tempie, parlandogli, adesso, nel volto, affrettatamente.

Allora, si vide una cosa strana. Lo svenuto mos-