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la mano tagliata. 147

que, vedendo che Rachele lo guardava un po’ pallida, con gli occhi sbarrati.

Un silenzio si fece; albeggiava pienamente.

— Potrebbe anche esser partito, — mormorò il portinaio.

— Doveva partire? — disse Rachele ansiosamente.

— Sì: credo che abbia fatte anche le valigie, molte valigie.

— Oh! — disse lei con un sorriso.

— Ma sono qui, le valigie, — soggiunse il portinaio.

— Allora, non è partito.

— Eh! chi sa! Potrebbe esser andato via senza valigie e che poi se le faccia spedire.

— Vedrete che non è partito, — disse Rosa, sorridendo.

— Ma è giorno! — esclamò Rachele, di nuovo turbata. — Ha mai tardato tanto?

— Prima, prima, qualche volta. Da un anno a questa parte, ha sempre rincasato presto. — Le due donne si scambiarono un’occhiata.

Mentre questi discorsetti seguivano tra il portinaio e le due donne, il portone era rimasto chiuso. A un tratto, due forti colpi lo scossero.

— Eccolo, — disse il portinaio, mettendo in tasca la sua pipa e andando ad aprire.

— Eccolo, — disse Rachele e Rosa, impallidendo e arrossendo.

Ma non era lui.

Era un servitore in livrea, una livrea azzurro-cupo, filettata di giallo, una faccia scialba, portava una lettera.

— Il conte Luigi Lambertini, — disse al portinaio.

— È sopra: ma è troppo presto, per salire, — rispose costui, squadrando quel servo con occhio diffidente.