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112 la mano tagliata.

sata, — disse Roberto — in modo da mettervi, però, subito dietro ad essa.

— Sta bene, eccellenza. — Passavano le carrozze. Ranieri, muto, le osservava, le contava.

— Ci siamo, — egli mormorò, a un tratto.

Difatti, di lontano, compariva, sotto i bengala, la vettura dei diavoli rossi.

— Attenzione! — esclamò Héliane Love.

— Non ti gittar fuori, non ti muovere, Héliane, — disse, a bassa voce, un po’ tremante, Roberto.

— Va bene, — ella rispose, anch’essa un poco tremante.

Ora, la carrozza del fantasma si avanzava lentamente, quasi di faccia a loro. Il domino nero, piccolo, forse gobbo, era seduto, raggomitolato: il domino bianco, o la figura vestita di bianco, era in piedi. Pareva molto alta. Adesso la carrozza dell’omiciattolo nero e della grande donna bianca si appressava sempre più e quando passò, rasente la vettura di Héliane Love, il piccolo domino nero si voltò ai due giovani e li guardò a traverso i fori della maschera. Ambedue ebbero la stessa impressione: sentirono uno sguardo gelido, verde, scintillante come la lama di una spada.

— È lui, — mormorò Ranieri Lambertini.

— È lui, — mormorò Roberto Alimena.

— È ciò che cercavate? — disse, impazientissima, Héliane Love, mentre la carrozza si metteva dietro a quella dell’uomo nero e della donna bianca.

— Sì, — disse cupamente Ranieri.

— In pieno romanzo, dunque! — disse lei soddisfatta nella sua fantasia.

Al passo, la vettura di Héliane Love, coi due giovani dentro, seguiva quella del piccolo uomo nero e della donna bianca. Costoro stavano immobili, senza voltarsi, la donna sempre in piedi, come irrigidita nella sua posizione di statua, l’uo-