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pio, senza maniche, sotto cui la persona spariva. Elevandosi dal mantello, un cappuccio di lana bianca serrava tutta la testa, coprendone i capelli perfettamente: con un largo nastro di seta bianca si annodava sotto il mento, coprendolo, quasi. La faccia era coperta da una mascherina di raso bianco, sicchè nessun lineamento della fisonomia traspariva, salvo gli occhi, a traverso i buchetti della maschera; però si scorgeva che la donna era alta e slanciata.

Accanto a lei vi era un piccolo essere avvoltolato in un domino nero, non si sa se uomo o donna; piccolo e contorto sotto il raso nero, anche a lui un cappuccio nero si abbassava sugli occhi, anche a lui una mascherina di raso nero, copriva il volto ermeticamente. La carrozza era guidata da un cocchiere in livrea azzurra-cupo, con filetti gialli, livrea elegantissima; i due cavalli erano belli e vivaci, due bestie di prim’ordine.

Come ho detto, l’equipaggio passò accanto a quello di Héliane rapidamente. Ella vi gittò uno sguardo e disse subito:

— Giovanotti, guardate se quella donna non sembra un fantasma? —

I due si scossero, si spenzolarono dalla carrozza ma giunsero appena a intravedere qualche cosa. Si scambiarono un’occhiata, niente altro.

— Vi era, al solito, un marito piccolissimo, accanto a quella donna alta: un marito piccolo e gobbo, forse.

— Veramente? — gridò Roberto Alimena, non potendo frenarsi mentre Ranieri si torceva convulsamente il mustacchio.

— Sì, sì, sempre così! —

Essi si arrovesciarono fuori degli sportelli per vedere, ma non era possibile. La carrozza del fantasma, come diceva, ridendo, Héliane, non era scomparsa, ma si era impigliata nella fila che ri-