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per monaca 93

sopra un divano nel buffet, e guardava quelli che mangiavano, interessata, ammirando l’inesauribile appetito delle due sorelline Sannicandro che mangiavano delle castagne giulebbate e bevevano del consommé, tutte colorite e felici; l’appetito rabbioso di Anna Doria, a cui sua madre faceva far di magro tre volte per settimana, e la grossa fame popolana di Eugenia, a cui Giulio Vargas porgeva da mangiare, come a una bimba, ridendo e scherzando. Poi quando vide entrare nel buffet Tecla Brancaccio, sola sola, vestita di drappo azzurro, con le maniche e il goletto ricamato d’oro, con i capelli arricciati e la divisa sulla tempia come un giovane ufficiale, le disse:

— Prendiamo un gelato insieme, Tecla? Vieni a vedere come mangiano queste amiche nostre.

— Cerco Carlo, — disse quella, aguzzando i freddi occhi di metallo.

— Non vi è qui, — le rispose Chiarina.

— Allora, vado altrove.

— No, no, cara, non cercarlo, — disse l’altra, trattenendola.

— È con lei, nevvero? Dove? Ci vado subito.

— O Tecla, lascia stare. Perchè correr dietro a uno che non può sposarti?

— Così, — disse quella, levando le spalle. — Me ne vado, Chiarina, li cerco.

— Allora vengo teco, — e si alzò, vedendo che non vi era mezzo di dissuaderla.

Tenendosi a braccetto, mentre Chiarina cercava di farle una predica, traversarono tutta la lunghezza della corazzata, dal ponte di prora al ponte di poppa,