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nella lava 163


— Che te ne importa? — soggiunse costui. — Le Galanti hanno la dote militare.

— Chi te l’ha detto? — strillò allora, — come lo sai? Ti sei informato, eh?

— Lo so, — rispose egli, brevemente.

Carolina lo guardò con tanta ferocia di sospetto, che egli chinò gli occhi, arrossendo. Il caffè di Mariano Vacca si vuotava, e ogni momento, una famiglia si alzava su dalle sedie e partiva; il noleggiatore via via andava rimettendo in fila le sue sedie. Nel levarsi le Galanti s’incontrarono con Eugenia Malagrida ed Enrichetta Caputo, che andavano via anche loro: ed essendo amiche fecero un po’ di strada insieme.

Le Galanti portavano certe cappine di merletto nero, per cui le Sanges impallidirono di invidia; Enrichetta Caputo si avvolse al collo una sciarpa di lana bianca, lavorata in casa, già lavata; ma Eugenia Malagrida aveva un mantelletto di lana ricamato d’argento, bellissimo, che la rendeva più goffa dell’usato; malgrado questo, per non far mostra di nulla, Arturo Ajello, l’impiegato che era là per Enrichetta Caputo, mentre sogguardava di soppiatto la bella ragazza povera, camminava accanto alla tozza grossolana, regolando il suo passo su quello di anatra di Eugenia. Era una lunga processione di donne: le tre madri, la Caputo, la Malagrida, la Galanti, venivano dietro, chiacchierando, la Caputo umile e volgare come una serva, trascinando il suo corpaccio disfatto, la Malagrida grassa, ma composta, con la bonarietà della mercantessa arricchita, la Galanti alta, forte, robustissima,