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nella lava 149


erano dirette, era sfolgorante di luce. Sotto la statua di Giovan Battista Vico, il filosofo pensoso, dalla testa china, in un grande cerchio luminoso di candelabri fiancheggianti, stava la musica: e attorno attorno, a destra, a sinistra, a gruppi, tutta quella gente seduta, in piedi, prospettandosi, ammucchiandosi, secondo la simpatia, secondo le abitudini. E come al Parlamento, pareva che volontariamente i due grandi partiti opposti si fossero formati, ognuno mettendosi al suo posto; così, vi era alla Villa, la destra e la sinistra: la destra formata dalla gente più matura, dalle ragazze un po’ più antiche, molto eleganti, che già ricorrevano a qualche artificio dell’arte, per parere ancora fresche, dalle mogli mal maritate che venivano a consolarsi nella Villa della crudeltà coniugale, che le lascia senza villeggiatura nell’estate, dalle vecchie civette che ancora si vestivano di bianco, coi capelli tinti e le labbra sanguigne, dalle signore pretensiose che volevano tener circolo.

Invece la sinistra, un po’ più democratica, e fatta dalle ragazze sinceramente giovani e sinceramente belle, che ricorrevano a poche risorse di toilette, che aspettavano il fidanzato, o l’innamorato, o il corteggiatore, con la forte fiducia di chi crede nel destino; dalle signore che volevano ridere e scherzare e conversare alla buona; dagli studenti che andavano lì solo per vagheggiar la bella, e non per farsi vedere, e non fare ammirare il proprio nodo di cravatta, ma per dare, di nascosto, un fiore alla bella amata. La destra aveva l’aria orgogliosa e fingeva di non vedere la sinistra, invidiando in fondo le sue qualità di gioventù e