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130 nella lava


in un vestito di lanetta scura e aveva serena la faccia; ma Eugenia era stretta come in una morsa, in un busto di seta cruda che l’affogava e la ingrossava per la sua tinta chiara, e le scarpette erano troppo piccole, pel piede grasso e rotondo. La serva dietro, poi, era carica di sacche, di ombrellini, di ventagli, di ciambelle infilate alle dita; e sotto l’ascella aveva anche una bottiglia di Marsala, per riconfortare gli spiriti delle padrone dopo il bagno. Quando le tre donne ebbero attraversata la sala, il movimento dei ventagli ricominciò, il chiacchiericcio femminile si elevò di nuovo, più forte del rumore del mare, mentre la brezza agitava le grandi tendine di tela cruda, bordate di azzurro, e il signor Canavacciuolo, proprietario dello stabilimento, il signorotto biondo che chiamava i numeri, si passava un fazzoletto di seta gialla, sulla fronte sudata.

Elvira Brown, la bellissima fanciulla napoletana, maritata a un vecchione di origine inglese, parlava sommessamente con Margherita Falco, la sua futura cognatina, la fidanzata di suo fratello. Avevano il numero sessantadue, loro: erano le dieci, giammai si sarebbero sbrigate prima dell’una: ed Elvira Brown si crucciava; quel vecchio sospettoso, rabbioso, cattivo di suo marito le avrebbe fatto una scena di gelosia, al ritorno. Margherita Falco, una creatura gentile, sottile, con un par di occhi pensierosi e un sorriso di dolcezza, l’ascoltava, cercando di consolarla, dicendo che Brown non era poi irragionevole, malgrado la cocciutaggine naturale dei vecchioni, che esse gli avrebbero spiegato....

— Tu non sai, tu non sai — mormorava, crollando