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per monaca 115


nocchiatoio con la faccia tra le mani, la duchessa di Muscettola, vestita di nero, teneva la faccia tra le mani, e pregava, o piangeva, o pensava. E nella chiesa di Santa Chiara, a destra e sinistra si affollava tutta l’aristocrazia napoletana, la bianca e la nera, la spagnuola e la siciliana, la calabrese e la salernitana, quella che vive fra Napoli, Sorrento e Castellamare e quella che vive fra la Scozia, l’Inghilterra e Parigi, capitando ogni tanto a Napoli per introdurvi le mode francesi e inglesi. Oh non facilmente l’aristocrazia napoletana si riunisce con tanta solennità, in una chiesa, in un salone da ballo, in una festa pubblica! Molti uomini e molte donne che erano quella mattina nella chiesa di Santa Chiara, per la casa Muscettola, non erano andati, sei mesi prima, nella chiesa di Santa Maria degli Angioli a Pizzofalcone, pel matrimonio di Elfrida Kapnist con Willy Galeota, questo matrimonio che aveva colmato di collera le zitelle vecchie dell’aristocrazia, scandalizzato molte sposette e meravigliato tutti quanti: gli intransigenti continuavano a considerare Elfrida come un’avventuriera, gli indifferenti stavano a vedere, quel matrimonio aveva turbata tutta la società, vi aveva introdotto un elemento di vivacità un po’ boema, un po’ di zingarismo ricco. Non erano tutti andati al funerale di Angiolina Cantelmo, che si era spenta quietamente, in una serata di maggio, accanto a una finestra del vecchio e triste palazzo Cantelmo, tenendo una manina sul capo della sorella Maria e sorridendo a Giorgio Serracapriola; il funerale era stato fatto senza nessun invito, nella fredda cappella dei Cantelmo, fra i parenti stretti, il duca presente, piangente,