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idilio di pulcinella. 273


Gaetano rispondeva di sì; avrebbe fatta la parodia, avrebbe praticate le rifazioni; egli era il sostegno del teatro S. Carlino, se ne accorgeva, se lo sentiva addosso pesante ed irremovibile. E si accinse al lavoro; scrisse a Sofia che una importante operazione finanziaria, una grossa liquidazione gli impediva di andar da lei per quattro o cinque giorni, che presto sarebbe ritornato, che l’adorava sempre. Dell’impastare alla meglio quella parodia del Rigoletto egli provò un amarissimo piacere ritrovandosi nella persona dello sventurato gobbo, cui unico conforto alla vita di buffone era l’amore della figlia: egli si compiaceva ferocemente contro sè stesso, mettendo in caricatura l’amore paterno del buffone e l’innocenza della figliuola, rilevando la gaia dissolutezza del Duca, di Maddalena. Egli, Gaetano, avrebbe fatto nella parodia la parte di Gilda, vestito da donna, cioè arrivando all’ultimo grado dell’avvilimento; giorno per giorno si configgeva nelle carni quelle spine, sorridendo, come gli antichi martiri, del suo sangue che se andava.

Già grandi cartelloni rossi e verdi, incollati per le mura della città, annunziavano al pubblico napoletano la nuovissima e brillante parodia del Rigoletto, scritta espressamente dal Pulcinella Gaetano Starace, in cui egli avrebbe preso parte insieme col buffo Barilotto, con don Felice Sciosciammocca, il Tartaglia, la caratterista ed altri dieci attori; già i giornali consacravano dieci linee della loro cronaca teatrale per raccomandare ai loro lettori la prima rappresentazione: sarebbe stato un successo clamoroso, una serata allegris-