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ogni momento; egli è turbato, inquieto, esitante; a volte spera senza ragione, a volte si dispera senza causa: il suo lavoro gli appare prima buono, poi mediocre, poi diventa una enorme sciocchezza ed infine prende l’aspetto del suo più grande nemico. Ma retrocedere è impossibile; le prime parole cadono nel silenzio pieno di malevolenza e di benevolenza della platea: il pubblico sta in guardia, non vuol lasciarsi prendere la mano da un entusiasmo prematuro, non vuol cedere ad un sentimento di diffidenza; ma è invano, invano, l’arte vince, la natura umana dimentica i suoi propositi, si lascia trasportare, un lungo applauso risuona. Che n’è del cuore dell’autore in quell’istante? Il freno è rotto, il ghiaccio si è liquefatto, uno spirito di gioventù è passato sulla fredda platea e l’ha sollevata in un sol sentimento; fremiti di approvazione, esclamazioni e poi da capo applausi, applausi senza fine; ma sono amici, sono partigiani, sono nemici che acclamano l’autore? Chi sa! Sono mani che si alzano per plaudire, sono volti convulsionati, sono anime che scoppiano, è il pubblico, la folla, il mondo! L’autore, ancora più pallido, si avanza e ringrazia.

L’aula vasta, fredda, grigia, nuda di arredi; sulla parete scialba il simbolo della giustizia e della misericordia, il Cristo; di fronte il ritratto del re; ta-