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o giovannino o la morte 321


Ora stravolta, cercando di tranquillizzare la propria fisionomia, donna Gabriella scendeva a messa anche lei, seguita da Carminella che si era messa un velo nero sui capelli di nero opaco. Scendeva fingendo di non udire il forte pianto, il singhiozzo di Chiarina che ella aveva chiusa in casa, portandosi via la chiave. Le persone che erano alle finestre, ai balconi del cortile, che erano per le scale, tacevano al suo passaggio: e lei fremeva di non udire più quel pianto, quel lamento che tutti udivano. Ma ella sapeva, sì, sapeva che, malgrado i sorrisi con cui l’avevano salutata le cinque sorelle del professore d’inglese, sorrisi obbligatorii, poichè il professore le doveva duecentoventi lire, di cui si dissanguava per pagare gli interessi, senza poter mai diminuire il debito, malgrado quei sorrisi forzati, le zitellone compiangevano la povera ragazza serrata in casa, piangente a terra la sua sorte crudele: donna Gabriella sapeva che gli studenti del terzo piano, che avevano impegnato alla sua agenzia orologi e anellini d’oro, la salutavano per ischerno: donna Gabriella, passando per la rampa del primo piano, aveva sentito che donna Peppina Ranaudo mormorava: povera creatura, povera creatura: aveva sentito, più giù, donna Elisabetta Manetta dire a suo marito: ma non ha un tutore? E il marito, uomo di legge, magistrato, come egli si diceva, non senza aggiungere gravemente: integerrimo, il