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168 | terno secco |
— Bene — disse sempre più penosamente la signora — dille che se le serve tutto l’appartamento, me lo faccia sapere, ce ne andremo.
— Sissignore; Gesù dimenticarsi i numeri! Io morirei, se mi accadesse una cosa di queste.
E si tirò la porta dietro. In quel momento la figlia, che non aveva pronunziata neppure una parola, ma era pallida e tremante, guardò la madre e la vide così scomposta di volto, così livida, che diede in un grido, buttandole le braccia al collo — Oh mamma, mamma...
Con la bocca sui capelli della figlia, tenendone il capo stretto sul petto, la madre singhiozzava profondamente, senza rumore, con un sussulto cupo, senza lagrime, scossa da tale un’emozione che parea il cuore le si spezzasse. La fanciulla tentò un paio di volte di levare il capo, soffocata da quell’abbraccio, ma ogni volta che lo tentava, le braccia della madre la stringevano più forte, più forte, come se quella testa di figlia sul suo petto di madre desolata le impedisse di esalare l’ultimo respiro.
Due volte bussarono alla porta. Le braccia della madre s’indebolirono, si schiusero.
— Va ad aprire — disse alla figliuola, e si voltò con la faccia verso l’ombra, per non farsi scorgere da chi entrava.
— Scusate, vi è Tommasina? — disse Mariangela, entrando.