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terno secco 147


— Ma non già quando ha da fare con gente come noi. Ci stanno per Napoli, Eccellenza, uomini dotti, uomini di matematica, monaci santi e istruiti, anime illuminate, che sanno bene i numeri.

— E li giocano?

— Certi sì, certi no — continuò misteriosamente il lustrascarpe.

— E vincono?

— Qualche volta. Sono combinazioni. Certe volte si sanno i numeri, ma il Signore vi acceca e non ve li fa giuocare: certe volte non si sanno interpretare: certe volte manca la fede. lo li sento all’odorato, i numeri che non escono: poco fa è venuta Gelsomina, qua, la copertara, e mi ha letto che essa giocava tre, quarantadue e ottantaquattro. Che voglio morire, se se ne vede uno sulla tabella. Ho cercato di dissuaderla, è stato impossibile.

— E tu che giochi, invece?

— Gioco questo bigliettone.

E fece vedere al magistrato una filza di terni, ambi, quaterne, dei biglietti financo di sette numeri. Quello crollò il capo, pagò un soldo la pulitura delle scarpe e se ne andò tutto pensieroso, verso la via dei Tribunali. Pensava, così, naturalmente, alla sua famiglia di cinque figliuoli, fra cui quattro femmine, brune, piccole, rachitiche, bruttissime, che non avrebbero certo trovato ma-