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134 terno secco


— Ma tu mi sostieni, piccola, — rispondeva la madre.

Tommasina, restata sola, prima di andare a far la spesa si mise a rassettare la casetta. Per l’abitudine napoletana disfaceva il letto, togliendone i cuscini e le lenzuola, e ammucchiava i materassi a capo letto: così sarebbero rimasti sino al pomeriggio, per prender aria. Faceva tutto questo assai penosamente, per il fastidio della gravidanza; quando, scuotendo le lenzuola, vide cadere in terra una piccola carta. Pensò che fosse l’involucro dello pastiglie di codeina che talvolta, quando alla notte era tormentata dalla tosse la signora metteva in bocca, per calmarsi, per dormire. Ma vi era dello scritto, sulla piccola carta e Tommasina la raccolse per conservarla: vi gettò uno sguardo, malgrado che non sapesse leggere. Non sapeva leggere, la povera contadina cilentana, chè non aveva potuto frequentare la scuola di Giffoni, zappando la terra: ma conosceva perfettamente i numeri — e sulla cartina erano scritti tre numeri, con una calligrafia chiara, rotonda.

— Tre, quarantadue, ottantaquattro: è un terno — pensò Tommasina dopo aver letto.

E macchinalmente ficcò la cartina nella tasca del suo grembiule di cotone. Contava, quando scendeva per far la spesa di giuocare questo terno, poichè era sabato e poichè era forse una grazia che Dio mandava. Ma come quella carta si trovava nel