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la refezione del mezzogiorno; Franceschini mi presentò ad esso come proprio intimo amico, ed il Martini mi accolse con quella affabilità che è propria dei cuori nobili, e generosi, e come io fossi suo vecchio amico femmi adagiare accanto a se su di un sofà, e domandommi a che dovesse egli attribuire quella mia visita: io risposi essere di somma importanza l’oggetto per cui era venuto in traccia dell’amico Franceschini, e che il medesimo al quale avea manifestato il segreto mi avea colà portato nella certezza di trovare in lui l’uomo che abbisognavami per la circostanza e quindi messo a parte di ciò che trattatasi, non fu senza una profonda impressione che Martini ascoltò l’avvenuto e penetrato anch’egli della gravità del fatto, più del da farsi intavolò vari progetti sui quali tutti e tre discutemmo, e fu convenuto finalmente di abbracciare l’idea venutaci di inviare il Prode Garibaldi per la parte della Maremma toscana passandolo di mano in mano a vari fedeli amici che lungo lo stradale da percorrersi si trovavano.

A coadiuvarci nell’ardua e pericolosa impresa fu chiamato l’amico Tommaso Fontani capo stazione in Prato, il quale si esibì di attendere gli illustri profughi nella stazione medesima, ove io gli avrei condotti oltrepassata la mezzanotte di quel giorno, per non cimentarsi ad entrare in città, e per ivi attendere il momento d’intraprendere il viaggio predestinato.

Frattanto fu deciso che io sarei tornato presso coloro che la mattina avevo lasciati in sicuro, per portarli quindi verso Prato, e fissata l’ora di mezzanotte per trovarsi in luogo detto l’Albereta del Vai, presso la Madonna della Tosse, ivi sarebbe stato ad attenderci una vettura per trasportarci vicino alla stazione.

Pochi istanti dopo i concerti presi con gli amici, io ribatteva la strada che poche ore avanti aveva percorsa, raffrenando il cavallo per obbligarlo ad un passo che non potesse destare la curiosità in chi mi avesse veduto ritornare con la celerità con la quale era venuto, e così mi ricondussi a Vajano al tramonto del sole. Ivi giunto mi trattenni alquanto in casa, e quando già erasi fatta la notte chiesi al mio amico Barbagli di tenermi compagnia in una gita alla campagna, ed armati ambedue con fucili e pistole ci avviammo fuori del villaggio,