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libro settimo - capitolo iii |
venendo approbato dal pontefice, sará decreto dello Spirito
santo. Altrimenti come si potrebbe dire che un decreto fosse
fatto dallo Spirito santo, e potesse per autoritá pontificia esser
invalidato o avesse bisogno di maggior confermazione? E però
nelli concili, quanto si voglia numerosi, quando il papa è presente, egli solo decreta; né il concilio vi mette del suo, se
non che approva, cioè li riceve; e in tutti li tempi s’è detto
solamente: sacro approbante concilio; anzi, che nelle determinazioni di supremo peso, come fu la deposizione dall’imperio di
Federico II, nel concilio generale di Lione, Innocenzo IV,
sapientissimo pontefice, ricusò l’approbazione della sinodo,
acciò non paresse ad alcuno che fosse necessaria, e li bastò
dire: sacro præsente concilio. Né per questo si debbe dir superfluo il concilio, perché si congrega per maggior inquisizione,
per piú facile persuasione, e anco per dar gusto alle persone;
e quando giudica, lo fa in virtú dell’autoritá pontificia, derivata dalla divina, datagli dal papa. E per queste ragioni li
buoni dottori hanno sottoposto l’autoritá del concilio all’autoritá del pontefice, come tutta dependente da questa, senza la
quale non ha né assistenzia dello Spirito santo, né infallibilitá,
né potestá di ubbligar la Chiesa, se non in quanto li è concessa
da quel solo a chi Cristo ha detto: «Pasci le mie pecorelle».
Non fu in questo concilio discorso piú lodato e biasmato, secondo il diverso affetto degli audienti. Dalli pontifici era predicato per il piú dotto, risoluto e fondato; dagli altri notato per adulatorio, e da altri anco per eretico: e molti si lasciavano intendere d’esser offesi per l’aspra censura da lui usata, e aver animo nelle seguenti congregazioni con ogni occasione d’arguirlo e notarlo d’ignoranza e di temeritá. E il vescovo di Parigi, che era indisposto in casa nel tempo che sarebbe a lui toccato di votare, diceva ad ognuno che, quando si fosse fatta congregazione, voleva dir il parer suo contra quella dottrina, senza rispetto; la quale, inaudita nelli passati secoli, era stata inventata giá cinquant’anni dal Gaetano per guadagnar un cappello; che dalla Sorbona fu in quei tempi censurata; e in luoco del regno celeste, che cosí è chiamata la Chiesa,