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libro settimo - capitolo iii


primo solamente, ma in tutta la successione. Onde il romano pontefice, incominciando da san Pietro sino alla fine del seculo, è vero e assoluto monarca, con piena e total potestá e giurisdizione; e la Chiesa è a lui soggetta come fu a Cristo. E sí come quando la Maestá sua la reggeva, non si poteva dire che alcuno delli fedeli avesse pur minima potestá o giurisdizione, ma mera, pura e total soggezione, il medesimo s’ha da dire in tutta la perpetuitá del tempo; e cosí s’ha da intender che la Chiesa è un ovile, che è un regno, e quello che san Cipriano dice, che «il vescovato è uno, e da ciascun vescovo n’è tenuta una parte», cioè che in un solo pastore è collocata tutta la potestá indivisa, il quale la partecipa e comunica al li comministri secondo l’esigenza. E a questo risguardando, san Cipriano fece la sede apostolica simile alla radice, al capo, al fonte, al sole, con queste comparazioni mostrando che in quella sola è essenzialmente la giurisdizione, e nelle altre per derivazione o participazione: e questo è il senso delle parole usitatissime dall’antichitá: che Pietro e il pontefice hanno la pienezza della potestá e gli altri sono a parte della cura. E che questo sia solo e unico pastore si prova chiaramente per le parole di Cristo, quando disse che «egli ha altre pecorelle, quali adunerá, e si fará un ovile e un pastore». Quel pastore, di che in quel luoco parla, non può esser esso Cristo, perché non direbbe nel tempo futuro che si fará un pastore, essendo egli giá il pastore; adunque convien intendersi d’un altro unico pastore che dopo di lui doveva esser constituito, che non può esser se non Pietro con la successione sua. E qui notò che il precetto di pascere il gregge non si trova se non due volte nella Scrittura, una in singolare, detto da Cristo a Pietro: «Pasci le mie pecorelle»; l’altra in plurale, da Pietro agli altri: «Pascete il gregge assegnatovi»; e se li vescovi da Cristo ricevessero qualche giurisdizione, quella sarebbe in tutti uguale, e si leverebbe la differenza de’ patriarchi, arcivescovi e vescovi; e in quella autoritá il papa non potrebbe metter mano, minuendola o levandola tutta, come non può metterla nella potestá dell’ordine, che è da Dio. Però guardinsi, che mentre vogliono far l’instituzione

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