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nota 411


Quanto possano aver contribuito, all’avversione della curia romana per l’Istoria, e la persona dell’editore e la presentazione schiettamente antipapale, non è qui il luogo d’indagare. Ci preme invece, poiché dall’edizione londinese derivarono le altre, di vedere fino a qual punto essa si conservi fedele al manoscritto.

Tale problema s’era giá proposto uno dei piú benemeriti cultori della letteratura veneziana, il Foscarini, il quale, esaminando il codice, osservò ch’esso «cammina d’accordo onninamente colle stampe di Londra, toltone il titolo»1. Non ne rimase persuaso, piú tardi, il Griselini, il quale, dopo aver nelle sue Memorie aneddote espresso il desiderio che si raffrontasse nuovamente il testo a stampa col manoscritto2, posteriormente credette di poter affermare: «Collazionando il codice, rilevasi che, in luogo di camminare onninamente d’accordo co’ medesimi [testi a stampa], procede tutt’al contrario, senza contare le differenze di ortografia, o i cambiamenti di parole in altre analoghe. Quelle tra esse differenze che sono notabili consistono in patenti interpolazioni, e queste, massime nel primo libro, in tanto numero fin a mancare il sito per notarle ne’ margini delle pagine corrispondenti di uno degli esemplari stampati, che fu sacrificato a questa collazione. In somma non v’ha luogo interessante d’ogni libro dell’opera, ove l’interpolatore non abbia messa l’ardita e temeraria penna»3.

Di fronte ad affermazioni cosí antitetiche, era naturale che il Bianchi Giovini, quando volle procedere alla ristampa dell’Istoria per gli editori di Mendrisio, desiderasse di vederci chiaro. Rivoltosi perciò a Bartolomeo Gamba, bibliotecario della Marciana, dalla risposta che n’ebbe credette di poter concludere che «il De Dominis ha stampato fedelmente il suo testo: le varianti tra esso e lo scritto non essendo che pentimenti dell’autore, una parola sostituita ad altra analoga, una frase ad altra frase, senza che

    P. M. Paolo ed io non la credevamo tale, nemmeno nel momento che circa due anni fa venne intesa la diserzione sua dalla chiesa di Spalatro da lei governata, e fu letto successivamente il manifesto che sparse per P Europa della sua condotta ed erronea maniera di pensare. Pregando poi il Signore che la illumini, mi dichiaro ecc.... Venezia, 11 novembre 1619. — Fra’Fulgenzio da Venezia.»

  1. M. Foscarini, Della letteratura veneziana, Venezia, 1752, I, p. 354.
  2. P; Griselini, Memorie aneddote spettanti alla vita e agli studi di fra Paolo servita (rist.e in Opere del Sarpi, Helmstad-Verona, 1761, I, p. 114).
  3. <Idem, Del Genio di fra’ Paolo Sarpi, Venezia, 1785, II, p. 88.