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392 | l'istoria del concilio tridentino |
pubblicati, dove l’autoritá ecclesiastica dicevano esser stata
allargata fuor dei termini, con intacco e diminuzione della
temporale, con dar ai vescovi potestá di proceder a pene pecuniarie e
a prese di corpo contra i laici. Perché da Cristo
alli ministri suoi nessuna autoritá era stata data, se non pura
e mera spirituale: che dopo, essendo il clero fatto membro e
parte della polizia, li principi concessero per grazia alli vescovi
di punir con pene temporali li chierici inferiori, acciò fosse
osservata tra loro la disciplina; ma di poter usar tal sorte di
pene contra laici non l’avevano né per legge divina né umana,
anzi per sola usurpazione. E che nel capo del duello si pretende di
proceder contra imperator, re e altri soprani che lo
concedono nelle terre loro (e questo sotto pena di scomunica),
tenendo essi che in alcuni casi il permetter duello non sia
male, sí come anco il permetter il meritricio e altri delitti
che, se ben mali, per pubblica utilitá, a fine di evitarne de
maggiori, non è mal permetterli; e questa potestá, la qual è
naturale e data da Dio alli principi, non può esser per alcuna potestá
umana levata o ristretta. Lo scomunicar anco re
e principi supremi lo stimavano intollerabile, avendo essi per
massima costante in Francia che il re non possi esser scomunicato, né
li ufficiali regi per quel che tocca all’esecuzione del
loro carico. Aggiongevano appresso che il privar li principi
de stati e gli altri signori de feudi, e alli privati confiscar li
beni, erano tutte usurpazioni dell’autoritá temporale, non estendendosi
l’autoritá data da Cristo alla Chiesa a cose di questa
natura.
In quello che alli iuspatronati appartiene, dicevano gran torto esser stato fatto alli secolari in difficoltarli le prove; e tutto quel capo esser fondato sopra una falsa massima, che tutti li benefici siano liberi, se non si prova il patronato. Perché è certo in contrario che le chiese non hanno beni temporali se non dati da secolari, li quali non si debbe presupponer che l’abbiano voluto conceder sí che potesse esser maneggiato e dissipato ad arbitrio degli ecclesiastici; onde dal suo principio ogni beneficio era patronato, e si doverebbe presupponer