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296 l'istoria del concilio tridentino


Giá sino nel principio dell’anno fu eretta una congregazione sopra la riforma de’ regolari, la qual, con l’intervento dei generali e conseglio di altre persone religiose esistenti in concilio, aveva fatto gran progresso e stabilito buoni decreti, senza nessuna contradizione, perché, quanto al di fuori e alle cose apparenti, li medesimi regolari non l’aborrivano, ma la desideravano. Quanto al di dentro e che occorre nelli monasteri, erano molto ben certi che l’averebbono interpretato e praticato come a loro fosse piaciuto; anzi avevano per cosa utile d’aver in scritto riforma restrettissima, come tutte le loro regole sono altre in scritto di quello che in osservazione. Ma quando s’incominciò a parlar di moderare le esenzioni e sottoporli, almeno in parte, ai vescovi, si ammutinarono tutt’insieme li generali con li teologi delli ordini, e fecero capo con li ambasciatori dei principi, mostrando loro di quanto servizio fossero alli populi, alle cittá e al pubblico governo; offerendosi, se in loro vi era abuso di qualsivoglia sorte, che si rimediasse; che si contentavano di ogni riforma, e che, ritornati ai loro governi, erano per eseguirla piú severa di quello che fosse ordinato: ma che sottopor li monasteri alli ordinari era un disformarli, perché quelli, non intelligenti della vita regolare e della severitá della disciplina con che si mantiene, averebbono disordinato ogni cosa. Dicevano li vescovi che il privilegio è sempre con detrimento e disordinazione della legge; che la revocazione è una cosa favorabile, ritornando li negozi nella loro natura; che il levarli non era far novitá, ma restituir lo stato antico delle cose. Si rispondeva dall’altro canto che l’esenzione de’ regolari per la sua antichitá era cosí ben prescritta, che non poteva chiamarsi piú privilegio, ma legge comune; che quando li monasteri erano soggetti ai vescovi, la disciplina ecclesiastica in essi e nei loro canonici era cosí regolata e severa, che meritava di sopraintendere a tutti; che volendo restituir l’antichitá, conveniva farlo in tutte le parti; che quando li vescovi fossero ritornati come in quei tempi, si poteva sottoporli li monasteri come allora; ma non era giusto che dimandassero d’aver sopraintendenzia ai mona-