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282 | l'istoria del concilio tridentino |
regno, essendo antichissimo privilegio della Francia che nessuno né volontario né sforzato può esser giudicato fuori del
regno. Che alli vescovi sia restituita la facoltá di assolver da
tutti li casi senza alcuna eccezione. Che per levar le liti beneficiali siano levate le prevenzioni, resignazioni in favore,
mandati, espettative e altri modi illegittimi d’ottenir benefici.
La proibizione che li chierici non s’intromettino in negozi
secolari sia esplicata, sí che debbino astenersi sempre da tutte
le fonzioni che non sono sacre, o vero ecclesiastiche e proprie al loro ordine. Quanto alle pensioni, siano levate e abrogate le giá imposte. Che nelle cause de iuspatronati in Francia
non si parti dall’antico instituto di giudicar in possessorio per
quello che è in ultima possessione, e nel petitorio per quello
che ha legittimo titolo o possessione longa. Intorno a tutte le
cause ecclesiastiche non sia pregiudicato alle leggi di Francia
che il possessorio sia giudicato da’ giudici regi, e il petitorio
dagli ecclesiastici, ma non fuori del regno. Quanto alli canonici delle cattedrali, che niuno sia assonto inanzi venticinque
anni. Che quanto al capo continente la reforma dei principi,
prima sia riformato in questa sessione intieramente l’ordine
ecclesiastico, e quello che appartiene alla dignitá e autoritá
de’ re e principi sia rimesso ad un’altra sessione sussequente;
e che allora circa ciò nessuna cosa sia decretata senza aver
prima udito essi ambasciatori, che giá hanno dato conto al
re di quelle e di altre cose che avevano da proponer. Ma con
tutto che mettessero a campo cose cosí ardue, dicevano nondimeno indifferentemente a tutti, e affettatamente acciò si pubblicasse, che essi non averebbono fatto molta instanzia, eccetto
a quello che tocca le ragioni e materia secolare del loro regno.
Li ambasciatori veneti proposero che il capo dei iuspatronati
fosse accomodato in maniera che non dasse occasione di novitá intorno a quelli che sono di ragione della loro repubblica
e principe. Li ambasciatori ancora di Savoia e di Toscana
fecero le medesime instanze.
In questi giorni gli ambasciatori imperiali ebbero commissione dal suo principe di far ufficio, come fecero, con li le-