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libro ottavo - capitolo v


congregazione, per difesa propria e delli colleghi fece querela con li legati, ricercando che facessero demostrazione, e protestando di non intervenire in atto pubblico sinché la congregazione non avesse la debita sodisfazione. Il Cardinal Morone s’interpose e conciliò concordia con queste condizioni: che della fede fatta non se ne dasse altra copia; che Lerida dasse sodisfazione di parole alla congregazione e in particolare a Praga, e che si mettesse da ambe le parti il fatto in silenzio. E il conte di Luna con preghiere, a quali non si poteva ripugnare, ebbe in mano dall’agente di Toledo la fede, e in questa maniera fu sedato il romore.

Diedero li legati fuori agli ambasciatori li capi della riforma, li quali erano in numero trentotto (e furono poi divisi una parte nella sessione immediate seguente, e il rimanente nell’altra, per le ragioni che si diranno), acciò mettessero in considerazione quello che pareva loro, prima che fossero dati alli padri per parlarne sopra. Il conte di Luna andò praticando gli altri ambasciatori a dimandar che fossero eletti deputati per ciascuna nazione, li quali considerassero sopra che s’avesse a riformare, imperocché la modula data dalli legati, come fatta secondo gl’interessi romani, non si poteva accomodar agli altri paesi: in che il Cardinal di Lorena, li ambasciatori francesi e quel di Portogallo contradissero, allegando che poteva ciascuno dir il parer suo sopra li capi proposti, e proponerne altri, occorrendo; onde non faceva bisogno dar questo disgusto al pontefice e alli legati, che non potevano sentir a parlar in concilio di nazioni. Al qual parer accostandosi anco li imperiali, il conte si ritirò, dicendo però che sopra le proposte aveva da far diverse considerazioni.

Il Cardinal di Lorena consigliò li legati a facilitar quel negozio e levar via tutti quei capi che si vedesse non poter passar senza molta contrarietá, aggiongendo che quanto meno cose fossero trattate, tanto meglio era. Del che mostrando di restar con ammirazione il Cardinal varmiense, Lorena, accortosi di quello che era, lo interpellò se si maravigliava perché non vedeva in lui quel calore e desiderio di riforma che aveva