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270 l'istoria del concilio tridentino


far molti favori e grazie alla Sua Maestá. Che se per le cose sue di Fiandra, o vero per li interessi dell’imperatore in Germania, desiderava dal concilio alcuna cosa, poteva ben dall’esperienzia esser certo quanta difficoltá vi fosse di redur alcuna cosa a fine in Trento; ma che da lui si potevano prometter ogni cosa; e che giá ha deliberato, finito che sia il concilio, di mandar in tutte le provincie per provveder al li bisogni particolari di ciascuna; dove che in Trento non si possono far se non provvisioni generali, che hanno infinite difficoltá per accomodarsi a ciascun luoco.

Ma gli uffici che il conte faceva con li prelati in Trento partorirono divisione, desiderando alcuni che quelle materie fossero disputate esattamente; massime che dalli scrittori scolastici di quelle era stato parlato o poco o niente, e che delle altre cose trattate nella sinodo vi erano decisioni o d’altri concili o di pontefici, o concorde parere de dottori, ma in queste materie le cose erano ancora tutte in oscuro, e se non fossero state ben poste in chiaro, s’averebbe detto il concilio aver mancato nelle cose piú necessarie. Altri dicevano che se nelle cose giá decise s’erano attraversate tante difficoltá e contenzioni, quanto maggiormente si poteva temere che in queste, piene di oscuritá, dove non vi è lume abbastanza mostrato da’ dottori, si potesse andar in infinito, avendo quelle materie larghissimo campo, per molti abusi entrati a fine di cavar danari per quei mezzi, e per le difficoltá che nascerebbono nell’interpretazione delle bolle, e massime per le parole che in alcune si usano, di pena e di colpa, e del modo col quale possono le indulgenze esser pigliate per li morti. Però che di quelle e della venerazione de’ santi si poteva trattar solamente dell’uso, tralasciando il rimanente; e del purgatorio con dannare l’opinione dei eretici; altrimenti era un non voler mai veder il fine, né venir a risoluzione di questa difficoltá.