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254 l'istoria del concilio tridentino


vescovato, né si ricevesse immediate da Cristo; e fece instanzia che il contrario fosse dechiarato, replicando il concetto piú volte detto: esser cosí essenziale al vescovo aver chiesa e sudditi fedeli come al marito aver moglie. Dopo, proposto il decreto della residenzia, il Cardinal di Lorena l’approvò con la stessa brevitá; solo raccordò che al passo dove si raccontano le cause dell’assenzia, ponendo tra le altre l’evidente utilitá della Chiesa, si aggiongesse quella parola «e della republica», e questo per rimover ogni impedimento che quel decreto potesse apportare all’esser ammessi i prelati agli uffici e consegli pubblici: di che ebbe l’applauso universale. Seguí il Cardinal Madruccio, parlando nel medesimo tenore. Il patriarca di Gerusalem, l’arcivescovo Verallo e Otranto non volsero dir il parer loro sopra quel decreto. Di che l’arcivescovo di Braganza, quando fu il luoco del voto suo, si voltò alli legati, quasi in forma di reprensione, con dire che dovessero usar la loro autoritá e astringer li prelati a dire il loro parere; e che era una cattiva introdozione in concilio, quasi che o fossero costretti a tacere, o avessero ambizione di non parlar, salvo che con séguito. Onde altri che avevano deliberato imitargli, mutato proposito, consentirono al decreto. Seguirono approvando concordamente gli altri decreti, secondo che letti erano. Se non che Granata fece instanzia che fosse dechiarata la residenzia de iure divino con parole aperte, poiché (diceva egli) le parole ambigue del proemio erano indegne di un concilio il qual sia congregato per levare, non per accrescer le difficoltá; e che fossero proibiti li libri che ne parlavano in contrario; e che nel decreto fossero espressamente e nominatamente compresi li cardinali. Questa ultima instanzia toccante li cardinali si vedeva che a molti aggradiva, onde dal Cardinal Morone fu risposto che si averebbe avuto considerazione sopra, per parlar un’altra volta. Del rimanente si passò inanzi; e in fine il patriarca e li doi arcivescovi assentirono essi ancora al decreto. E questo fu il principio che fece aver speranza di poter celebrar la sessione al suo tempo; cosa stimata per inanzi impossibile, ma per desteritá del Cardinal di Lorena ridotta a buon porto.