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216 l'istoria del concilio tridentino


e non pensare alle cose del concilio piú di quello che lo constringesse la propria conscienzia e onore. Gli aggionse che averebbe avuto nel regno la medesima autoritá che prima; però accelerasse il ritorno.

Gionsero le su dette lettere della regina a Roma e a Trento nel fine di maggio. Le quali sí come al papa furono molto grate e gli diedero speranza di poter veder buon fine del concilio, cosí gli dispiacque sommamente un altro accidente, cioè che, pensandosi in Francia come levar di debito la corona, fu per editto regio e per arresto del parlamento verificato il decreto dell’alienar li stabili ecclesiastici per centomila scudi; dal che si suscitò gran tumulto de’ preti, che dicevano esser violati li loro privilegi e immunitá, che le cose sacre non si potevano alienare per qualsivoglia causa, senza autoritá e decreto del papa. Per quietar li qual strepiti, fu fatto dall’ambasciatore instanzia al pontefice che volesse prestar il suo consenso, allegando che il re, esausto dalle guerre passate, disegnando di metter buon ordine alle cose sue per poter dar mano a quello che sempre era stato sua intenzione dopo fatta la pace, cioè di riunir tutto il regno nella religion cattolica, per poter sforzare chi se gli fosse opposto, aveva pensato di metter una sovvenzione e aver anco dal clero la parte sua; al che la Chiesa era tanto piú degli altri tenuta, quanto piú si trattava degl’interessi di quella. Che, tutte le cose pensate, nessuna si trovava piú facile quanto con l’alienazione di alquanto delle entrate ecclesiastiche supplir a quella necessitá: del che desiderava il consenso della Santitá sua. Ma il papa diceva che la dimanda era ben colorata di bel pretesto di defender la Chiesa, ma in vero non era se non per ruinarla; affine di evitar il qual danno esser sicuro partito il non acconsentirvi. E se bene alcuno potesse pensare che i francesi venissero all’esecuzione senza il consenso, nondimeno egli pensava che non si sarebbe dimandata la licenza, quando si trovasse compratore senza di quella; tenendo che nessuno oserebbe avventurare li suoi danari temendo che, come le cose del mondo sono instabili, non succedesse tempo tale che li eccle-