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198 l'istoria del concilio tridentino


Principiò il mese di maggio con novi ragionamenti della pace di Francia, essendo arrivato a Lorena e agli ambasciatori francesi lettere del re che gliene davano parte, con commissione di far intender il tutto alli padri del concilio, o in generale o in particolare, come gli pareva piú a proposito. L’espedizione era delli 15 del passato, e principalmente versava in dimostrare che nella pace non ebbe intenzione di favorir l’introduzione e lo stabilimento d’una nova religione in quel regno, anzi per poter con manco contradizione e difficoltá redur tutti li populi in una medesima religione santa e cattolica, cessate le arme e le calamitá ed estinte le dissensioni civili. Ma soggiongeva che piú di tutto poteva aiutarlo a quest’opera una santa e seria reformazione, sempre sperata da un concilio generale e libero; però aveva deliberato mandar il presidente Birago a Trento per sollecitarla. Ma tra tanto non voleva restar di commetter ad essi ambasciatori, che giá erano in Trento, di far con ogni buona occasione saper ai padri che, risentendo egli ancora le ruine e afflizioni che la diversitá delle opinioni della religione ha suscitato nel suo regno, con apparente ruina e maggior pericolo dello stato, piú tosto che tornar piú a quell’estremitá aveva deliberato, se il concilio generale non fa il suo debito e quello che si spera da lui per una santa e necessaria riforma, di farne un nazionale, dopo aver satisfatto a Dio e agli uomini con tanti continuati uffici fatti con li padri e col papa per ottener dal concilio generale rimedio al comun male; e che per ottener piú facilmente il desiderato fine aveva ispedito il signor d’Oissel al re cattolico e il signor de Allegri al pontefice, e comandato al Birago che, dopo aver satisfatto al suo carico con li padri del concilio, passasse all’imperatore, per tentare se per mezzo di questi principi si potrá pervenir a cosí gran bene.

Certo è che il papa sentí con molto disgusto la pace fatta, cosí per il pregiudicio dell’autoritá sua, come anco perché fosse conclusa senza participazione di lui, che gli aveva contribuito tanti danari; e che con maggior dispiacere fu sentita dal re di Spagna, al quale pareva d’aver perso l’opera e il