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l'istoria del concilio tridentino |
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all’accordo, se non salvo l’editto di gennaro senza alcuna
eccezione o condizione, e con aggiorna che la loro religione
per l’avvenire non fosse chiamata nova, che li figli da loro
battezzati non fossero rebattezzati, che si avessero per legittimi li loro matrimoni e li figliuoli nati di quelli. Dalle qual
condizioni non volendo dipartirsi li ministri in alcun conto,
Condé e la nobiltá, stanchi della guerra, senza chiamar piú
ministri, convennero. E li capitoli, per quel che s’aspetta alla
religione, furono: che dove li nobili ugonotti hanno alta giustizia, possino viver nelle loro case in libertá di conscienzia
ed esercizio della religione riformata con le loro fameglie e
sudditi. Che li altri gentiluomini feudatari non abitanti sotto
altri signori d’alta giustizia cattolici, ma sotto il re immediate,
possino aver il medesimo nelle loro case per loro e le fameglie solamente. Che in ogni bailaggio sia deputata una casa,
nei borghi, nella quale possi esser l’esercizio della religione
riformata per tutti quelli della giurisdizione. Che in casa propria ciascun possi viver liberamente, senza esser ricercato o
molestato per il fatto della conscienzia. Che in tutte le cittá,
dove quella religione fu esercitata sino ai 7 di marzo, sia continuata in uno o due luochi nella cittá, non potendo però
pigliar chiese cattoliche, anzi in tutte le occupate gli ecclesiastici debbiano esser restituiti, senza poter pretender alcuna
cosa per le demolizioni fatte. Che nella cittá e prepostura di
Parigi non vi possi esser esercizio di quella religione, ma ben
gli uomini che hanno case o entrate possino ritornarvi e goder
il suo, senza esser molestati né ricercati del passato (né per
l’avvenire) delle loro conscienzie. Che tutti ritornino nelli loro
beni, onori e uffici, non ostanti le sentenzie in contrario ed
esecuzioni di quelle dopo la morte del re Enrico II sino
allora. Che il principe di Condé e tutti quelli che l’hanno
seguitato s’intendino aver operato a buon fine e intenzione, e
per servizio del re. Che tutti li pregioni di guerra o di giustizia
per il fatto della religione siano messi in libertá senza niente
pagare. Che sia pubblicata oblivione di tutte le cose passate,
proibito l’ingiuriarsi e provocarsi l’un l’altro, disputare e con-