Pagina:Sarpi, Paolo – Istoria del Concilio tridentino, Vol. III, 1935 – BEIC 1917972.djvu/196

190 l'istoria del concilio tridentino


all’accordo, se non salvo l’editto di gennaro senza alcuna eccezione o condizione, e con aggiorna che la loro religione per l’avvenire non fosse chiamata nova, che li figli da loro battezzati non fossero rebattezzati, che si avessero per legittimi li loro matrimoni e li figliuoli nati di quelli. Dalle qual condizioni non volendo dipartirsi li ministri in alcun conto, Condé e la nobiltá, stanchi della guerra, senza chiamar piú ministri, convennero. E li capitoli, per quel che s’aspetta alla religione, furono: che dove li nobili ugonotti hanno alta giustizia, possino viver nelle loro case in libertá di conscienzia ed esercizio della religione riformata con le loro fameglie e sudditi. Che li altri gentiluomini feudatari non abitanti sotto altri signori d’alta giustizia cattolici, ma sotto il re immediate, possino aver il medesimo nelle loro case per loro e le fameglie solamente. Che in ogni bailaggio sia deputata una casa, nei borghi, nella quale possi esser l’esercizio della religione riformata per tutti quelli della giurisdizione. Che in casa propria ciascun possi viver liberamente, senza esser ricercato o molestato per il fatto della conscienzia. Che in tutte le cittá, dove quella religione fu esercitata sino ai 7 di marzo, sia continuata in uno o due luochi nella cittá, non potendo però pigliar chiese cattoliche, anzi in tutte le occupate gli ecclesiastici debbiano esser restituiti, senza poter pretender alcuna cosa per le demolizioni fatte. Che nella cittá e prepostura di Parigi non vi possi esser esercizio di quella religione, ma ben gli uomini che hanno case o entrate possino ritornarvi e goder il suo, senza esser molestati né ricercati del passato (né per l’avvenire) delle loro conscienzie. Che tutti ritornino nelli loro beni, onori e uffici, non ostanti le sentenzie in contrario ed esecuzioni di quelle dopo la morte del re Enrico II sino allora. Che il principe di Condé e tutti quelli che l’hanno seguitato s’intendino aver operato a buon fine e intenzione, e per servizio del re. Che tutti li pregioni di guerra o di giustizia per il fatto della religione siano messi in libertá senza niente pagare. Che sia pubblicata oblivione di tutte le cose passate, proibito l’ingiuriarsi e provocarsi l’un l’altro, disputare e con-